Questa scoperta ha fatto la storia | L’evoluzione stravolta: si tratta dell’anello mancante cercato da secoli
Una scoperta rivoluziona la comprensione dell’evoluzione della specie animale: ancora una volta la storia dovrà essere riscritta.
Nel regno scientifico, a volte un particolare che sembra poco rilevante può persino stravolgere la comprensione di un’epoca o di un’intero processo evolutivo.
Quello che un tempo era considerato solo un’ipotesi può oggi diventare una solida base, e i concetti su cui eravamo sicuri possono crollare inaspettatamente con l’emergere di nuove evidenze.
In una località isolata, il suolo ha riportato alla luce un reperto che potrebbe modificarela nostra visione degli inizi dell’evoluzione dei grandi predatori.
È proprio in questi ambienti apparentemente invariati, che il tempo e il passato riprendono voce in maniera chiara, penetrante, e chissà risolutiva.
Un reperto straordinario
Come riportato da Gaeta. it, un ritrovamento paleontologico nel Victoria, nel sud-est dell’Australia, ha permesso di riconoscere il megaraptoride più antico mai rinvenuto, risalente a circa 125 milioni di anni fa. Il fossile è stato esaminato da un team del Museum Victoria Research Institute, diretto dal dottorando Jake Kotevski, e rivela un’immagine completamente nuova dell’ecosistema del Cretaceo inferiore. Questi megaraptoridi, caratterizzati da artigli aguzzi e corpi snelli, erano i predatori dominanti della loro era, a differenza di quanto accadeva in Sud America, dove i carcarodontosauri erano al vertice. In Australia, i carcarodontosauri risultano di dimensioni inferiori e, sorprendentemente, occupano una posizione di inferiorità.
La morfologia del fossile presenta tratti simili a quelli di esemplari sudamericani, ma in un contesto temporale precedente, facendo pensare che alcune linee evolutive possano in realtà aver avuto origine nel Gondwana orientale. L’analisi stratigrafica colloca inoltre il fossile nel Cretaceo inferiore, una fase cruciale per l’evoluzione dei grandi predatori.
Composizioni e supposizioni
Uno degli aspetti più innovativi di questa scoperta riguarda le potenziali connessioni geografiche tra Australia, Antartide e Sud America. Il dottor Tom Rich, anch’egli parte dello studio, ha evidenziato che la disposizione dei continenti all’epoca consentiva spostamenti graduali ma fattibili delle specie, dimostrando in effetti che i megaraptoridi potrebbero essere nativi dell’Australia e non della Patagonia.
La composizione ossea del reperto – in particolare le sezioni del bacino e dell’arto posteriore – fa luce su caratteristiche considerate primitive, sostenendo una fase evolutiva più antica rispetto a quella dei predatori sudamericani. Ciò spinge a rivedere il racconto tradizionale sull’evoluzione dei teropodi, rovesciando l’idea di una migrazione da ovest a est e suggerendo invece una migrazione, piuttosto, in senso opposto. Ulteriori prove a sostegno di questa teoria emergono dalla presenza di piccoli carcarodontosauri nello stesso sito, a riprova che l’ecosistema australiano dell’epoca poteva sostenere più grandi predatori in un equilibrio ecologico delicato.