Occhio dove metti le telecamere di sorveglianza | Se fai così commetti reato: devi risarcire il tuo vicino

Quali sono i limiti? (depositphotos.com) - www.buildingcue.it
Installare una telecamera senza seguire le normative potrebbe ledere la privacy altrui e comportare sanzioni. Ecco cosa stabilisce la legge.
Una telecamera attiva crea un senso di sicurezza. Si prova una sensazione di maggiore protezione. Tuttavia, esiste una sottile distinzione, talvolta invisibile, tra la sicurezza e la violazione della privacy.
Oltrepassare questa linea può comportare non solo la perdita della sicurezza tanto agognata, ma anche la possibilità di trovarsi in una causa legale spinosa.
Negli ultimi tempi, le dispute relative alla sorveglianza sono aumentate: vicini si sentono sorvegliati, cortili ripresi senza consenso, aree comuni diventate spazi monitorati.
È proprio in queste situazioni che interviene la legge, con regolazioni dettagliate, spesso trascurate, ma dalle conseguenze molto tangibili. Ecco i dettagli.
Cosa dice il GDPR
Chi crede che posizionare una telecamera nel proprio appartamento sia un atto esclusivamente privato spesso non considera quanto possa allargarsi il campo visivo dell’obiettivo oltre i limiti della legalità. Secondo il Regolamento generale sulla protezione dei dati e Brocardi, se il dispositivo cattura anche parzialmente aree comuni – come pianerottoli, scale e cortili – ci si trova in una situazione giuridicamente rischiosa.
In un condominio, prima di mettere in atto un qualsiasi sistema di videosorveglianza è necessaria una delibera dell’assemblea con una doppia maggioranza: quella dei presenti e almeno la metà del valore millesimale dell’edificio. Anche con l’approvazione, le riprese devono riguardare solo gli spazi di proprietà esclusiva. Non è lecito riprendere aree come la porta del vicino, la scala comune o, ancor peggio, la strada pubblica. In mancanza di rischi accertati e documentabili, l’allargamento del campo visivo oltre i confini di casa è considerato illegale.
Le possibili ripercussioni
Se ciò avviene, le ripercussioni possono essere gravi. Non solo amministrative, ma anche di tipo civile: se un vicino dimostra che la registrazione ha violato la sua privacy, può richiedere un risarcimento. Sono già stati registrati vari episodi in cui anche la semplice sensazione di essere sotto sorveglianza ha portato a decisioni sfavorevoli.
In aggiunta, evidenzia Brocardi, la legge richiede che ogni area monitorata sia ben segnalata, anche attraverso un cartello semplice che indichi le finalità della videosorveglianza e i riferimenti del titolare del trattamento dei dati. In contesto condominiale, la durata della conservazione non può superare i sette giorni, a meno che non ci siano giustificazioni specifiche e giustificate. La situazione diventa ancor più complessa con gli affitti brevi o le case vacanza. In tali circostanze, l’Autorità garante della privacy ha stabilito che la presenza di una telecamera è consentita solo se indispensabile e mai all’interno delle aree private degli ospiti.