Nuovo studio svela l’origine dei bronzetti nuragici: metalli da miniere sarde e spagnole

Non soltanto materie prime provenienti dall’Isola. I traffici marittimi degli antichi sardi si estendevano fino alla Spagna

I bronzetti nuragici rappresentano uno dei migliori esempi di artigianato sardo nel corso dei secoli, capace di proiettare la vita delle antiche popolazioni dell’isola dall’età del Ferro sino ad oggi, fungendo come testimonianza cruciale, in particolare, della civiltà nuragica.

Si tratta di piccole statuette realizzate in bronzo e realizzate con la tecnica della cera persa. Le tematiche su cui queste rappresentazioni vertono sono realmente varie, specchiandosi, per lo più, sulla quotidianità vissuta dagli uomini dell’epoca.

Chi ha vissuto l’Isola tra il IX e il VI Secolo a.C. si è trovato immerso in un contesto dominato dalla presenza, all’interno della “piramide sociale”, di guerrieri, capi tribù, sacerdoti, nonché di manovalanza, impegnata tra i pascoli e i campi.

Sono proprio queste le tematiche maggiormente rappresentate all’interno dei bronzetti. Figure che rappresentino il prestigio e la volontà di non piegarsi, ad ampi tratti dimostrata dal popolo, ma anche scene legate all’allevamento, all’agricoltura e al culto religioso.

Un ruolo realmente centrale?

Uno studio andato in scena internazionalmente, pubblicato sulla rivista Plos One, opera congiunta dell’Università di Aarhus, in Danimarca, del Centro Curt Engelhorn di Mannheim, Germania, ma che vanta anche la partecipazione nostrana, con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, ha permesso di scavare indietro nel passato di questi iconici manufatti. Nello specifico, sono state prese in esame 48 statuette realizzate in metallo, con prevalenza di bronzo, risalenti al I millennio a.C., soggette ad un’analisi chimica che ha garantito la ricostruzione delle reti commerciali che andavano in scena da e verso l‘Isola di Sardegna fin dai tempi antichissimi.

Per questo, all’indagine correlata all’aspetto produttivo, con particolare riferimento alle pratiche metallurgiche locali, si è affiancata quella relativa al ruolo che le popolazioni abitanti l’Ichnusa tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro abbiano svolto sul quadro del Mar Mediterraneo, in termini di esportazioni, importazioni, traffici e influenza.

Bronzetti nuragici (Cagliaripad foto) – www.buildingcue.it

Rivelazioni significative

A coordinare il lavoro dei ricercatori il danese Helle Vandkilde, proveniente proprio dall’Ateneo di Aarhus: la “manodopera” si è concentrata in modo particolare proprio su bronzetti nuragici, il cui ruolo è stato da sempre indicato come a metà tra l’ambito religioso e quello politico, venendo offerti canonicamente in voto nei santuari sardi. Non è, perciò, un caso che la stragrande maggioranza di questi preziosi beni archeologici si sia concentrata in tre specifici siti proprio legati al culto e alla quotidianità dell’antica Sardegna. Stiamo parlando di Su Monte, Abini e Santa Vittoria.

L’impiego di tecniche avanzate ha garantito rivelazioni straordinariamente significative circa la fabbricazione stessa degli oggetti: il materiale prevalente, come anticipato, è proprio il bronzo, anche se è possibile contare percentuali inferiori sia di stagno, sia di piombo, senza escludere tracce di arsenico e argento. E per quanto riguarda il rame? La sua provenienza, è stato scoperto, non fosse unicamente da ricondurre al territorio sardo. Sebbene, infatti, alcune delle miniere più ricche e prolifiche fossero situate nel corrente distretto Iglesiente-Sulcis, tra le quali il più importante esempio è costituito da Sa Duchessa, è stato possibile ricondurre la presenza di materiali di differente provenienza ad un’estensione dei commerci fino al distretto di Linares e alla valle di Alcudia, site nell’odierna penisola iberica. A scriverlo è l’ANSA.

Published by
Flavio Forlini