Malocchio, gli antichi romani hanno lasciato anche questa eredità | Ecco come sconfiggerlo: un metodo tramandato da millenni

Malocchio, ecco come funziona (Freepik Foto) - www.buildingcue.it
Da sempre l’essere umano ha temuto ciò che non si vede ma che si sente nell’aria: lo sguardo invidioso, la parola non detta, la forza oscura che porta sfortuna.
Nell’antica Roma, questa paura prendeva forma in un concetto preciso: il malocchio. Non era soltanto superstizione, ma una spiegazione profonda e culturale dei mali improvvisi, dei rovesci di fortuna e delle malattie inspiegabili.
I Romani, popolo pratico e religioso allo stesso tempo, non si limitarono a temerlo: impararono a difendersene. Nei mercati, nei templi e perfino tra le mura domestiche, piccoli simboli e gesti diventavano scudi invisibili contro il male. Ogni oggetto poteva racchiudere un potere protettivo, se caricato di fede e di intenzione.
L’arte di proteggersi dallo sguardo maligno si trasformò così in un linguaggio universale fatto di segni e materiali. Bronzo, pietra, osso o terracotta venivano modellati con sapienza, trasformando la paura in arte e la superstizione in costume. Ancora oggi, osservando certi amuleti, si riconosce la stessa estetica di protezione che un tempo adornava case e corpi romani.
E proprio questo legame millenario — tra fede, gesto e bellezza — è ciò che rende il malocchio una delle eredità più durature lasciate dagli antichi. Come racconta anche un approfondimento pubblicato da Storicang.it, le radici di molte credenze popolari moderne affondano nei riti di protezione tramandati dai Romani, che ancora oggi sopravvivono in forme sorprendentemente simili.
L’origine di una paura antica
Tra gli strumenti più potenti contro il malocchio c’era il fascinus, un amuleto di forma fallica che, secondo le cronache romane, proteggeva dagli influssi maligni e dall’invidia. Non si trattava di un simbolo osceno, ma di una rappresentazione sacra del potere generativo, capace di scacciare il male e attirare la fortuna. Spesso lo si appendeva alle porte o lo si portava al collo come una difesa personale.
Accanto al fascinus compariva la lunatula, una mezzaluna di metallo destinata a proteggere le donne e i bambini. La sua forma curva richiamava la luce della luna che, secondo la credenza, poteva spezzare lo sguardo malefico. Come spiega Storicang.it, l’uso combinato di amuleti e formule orali — piccoli incantesimi o scongiuri — creava un equilibrio tra materia e parola, tra gesto e fede.

Dal rito alla tradizione popolare
Con l’avvento del cristianesimo, questi rituali vennero reinterpretati: il sale e l’acqua lustrale divennero strumenti di purificazione spirituale, mentre le antiche invocazioni agli dèi si trasformarono in preghiere ai santi. Tuttavia, l’intento restò lo stesso: difendersi da ciò che non si può controllare. L’atto di “togliere il malocchio” sopravvisse come rito domestico, praticato soprattutto dalle donne, depositarie della memoria magica delle famiglie.
Oggi, quando un gesto scaramantico accompagna una parola di augurio o di timore, stiamo inconsapevolmente ripetendo un’antica formula romana. La tradizione del malocchio è un ponte che unisce passato e presente: un frammento di spiritualità pagana sopravvissuto nei secoli, e — come ricorda Storicang.it — un affascinante esempio di come la cultura magico-religiosa dei Romani continui a vivere, silenziosa ma persistente, nel cuore delle nostre abitudini quotidiane.