IMU sulla seconda casa: via la tassa per i ruderi abbandonati, cosa cambia dal 2025

Illustrazione di un rudere abbandonato (Canva FOTO) - buildingcue.it
Nel 2025 le cose cambieranno. Anche le case abbandonate verranno tassate, e il pagamento dell’IMU è inevitabile in certi casi.
In Italia lo scenario immobiliare è una sorta di mosaico fatto di case, magazzini, fabbricati industriali… e di qualche realtà inaspettata. Negli ultimi anni, tra queste, spicca il continuo aumento dei cosiddetti collabenti, immobili talmente in rovina da non poter essere utilizzati, ma che restano iscritti al catasto per motivi di tracciabilità. Una categoria particolare, ufficialmente indicata come F/2, che negli ultimi dodici mesi ha continuato a crescere.
Il quadro complessivo è imponente: alla fine del 2024, secondo i dati ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, in Italia risultavano censite 76,3 milioni di unità immobiliari. La gran parte è rappresentata dalle abitazioni, ma nelle pieghe delle tabelle statistiche si nasconde una realtà diversa, fatta di edifici che il tempo e l’abbandono hanno ridotto a gusci vuoti.
Questo fenomeno non passa inosservato. Confedilizia, analizzando gli stessi dati, sottolinea che dal 2011 (anno dell’introduzione dell’IMU), il numero di ruderi è cresciuto del 126%, passando da 278.121 a oltre 629 mila unità. Un incremento che, secondo l’associazione, è il segnale di una tassazione eccessiva che avrebbe spinto molti proprietari a lasciar andare in malora immobili non più redditizi.
Naturalmente, non tutti potrebbero concordare con questa lettura. Magari la crescita dei collabenti riflette più che altro il degrado edilizio e lo spopolamento dei piccoli centri. Ma, al di là delle opinioni, i numeri restano e parlano chiaro.
Uno sguardo d’insieme
Lo stock immobiliare italiano al 31 dicembre 2024 si presenta come un enorme inventario, nel quale le categorie catastali raccontano storie molto diverse tra loro. Le abitazioni (categoria A) restano il gruppo dominante, con circa 35,9 milioni di unità, in leggero aumento (+0,2%) rispetto all’anno precedente. Seguono i magazzini, autorimesse e locali di deposito (categoria C) con 24,7 milioni di unità e un incremento dello 0,4%.
Il settore produttivo, racchiuso nella categoria D, conta circa 1,7 milioni di unità, anch’esso in lieve crescita (+0,2%), mentre i fabbricati a destinazione particolare (categoria E) si fermano intorno alle 350 mila unità, sostanzialmente stabili. Infine, le categorie F, dedicate agli immobili non idonei all’uso, superano le 700 mila unità complessive, e tra queste il gruppo F/2 è quello che domina in termini numerici e di variazione.
La crescita dei collabenti
La fotografia ufficiale dell’Agenzia delle Entrate parla chiaro: alla fine del 2024 le unità collabenti F/2 erano 629.022. In un solo anno il loro numero è aumentato dell’1,5%, confermando un trend ininterrotto dal 2011. All’epoca della nascita dell’IMU, questi immobili erano 278.121; oggi sono più del doppio. Confedilizia sottolinea che questo boom è la conseguenza diretta della tassazione sugli immobili, che avrebbe spinto i proprietari a rinunciare a interventi di manutenzione o ristrutturazione.
L’associazione parla apertamente di “impoverimento del patrimonio edilizio”, un fenomeno che si intreccia con lo spopolamento dei piccoli centri e con vicende ereditarie o contenziosi che bloccano ogni possibilità di recupero. In certi casi, questi ruderi diventano anche una sorta di “parcheggio fiscale”, sfruttando l’assenza di rendita catastale per non pagare l’IMU fino a eventuale ripristino. L’IMU, infatti, non si paga sulla prima casa e, secondo i calcoli della UIL, come riportato da Confedilizia, il costo medio nazionale sulla seconda casa sarà di circa 977 euro nei capoluoghi, ma il valore medio aumenta enormemente se si prendono in considerazione le grandi città (tra i 2000 e i 3000 euro).