È qui che i Romani hanno fermato Spartaco | Riemersa dopo secoli una fortificazione nascosta dalla natura
Una straordinaria scoperta archeologica svela la strategia romana contro la rivolta di Spartaco, ecco tutto quello che successe.
La storia antica è costellata di eventi epici e personaggi leggendari che ancora oggi affascinano e ispirano. Tra questi, la figura di Spartaco, il gladiatore ribelle che osò sfidare la potenza di Roma, occupa un posto di rilievo nell’immaginario collettivo.
Per secoli, molti dettagli sulle sue gesta e sulla sua fine sono rimasti avvolti nel mistero, affidati a racconti e interpretazioni. Le ricerche archeologiche, tuttavia, continuano a portare alla luce nuove prove che arricchiscono o, talvolta, riscrivono queste narrazioni.
È in questo contesto che una recente scoperta inaspettata ha riacceso i riflettori su uno degli episodi più drammatici della Terza Guerra Servile, offrendo una testimonianza tangibile della strategia adottata dai Romani per sconfiggere l’esercito di schiavi.
Tra i fitti boschi di una regione italiana, è riemerso un manufatto di oltre 2.000 anni fa, che era stato a lungo celato dalla natura, fornendo un’inedita prospettiva su come i Romani abbiano affrontato e bloccato la ribellione.
Il muro di Crasso e la trappola per Spartaco
Tra i boschi della foresta del Dossone della Melia, in Calabria, un gruppo di archeologi ha riportato alla luce un’antica fortificazione romana risalente a oltre 2.000 anni fa. Questa struttura, lunga 2,7 chilometri, sarebbe stata costruita dal generale Marco Licinio Crasso per bloccare l’avanzata di Spartaco durante la Terza guerra servile. La rivolta di Spartaco, iniziata nel 73 a.C. con la sua fuga da una scuola per gladiatori a Capua, si trasformò in un’insurrezione su larga scala.
Crasso adottò misure drastiche, inclusa la decimatio, per ristabilire la disciplina tra le sue truppe. Successivamente, ordinò la costruzione del muro recentemente ritrovato: una linea difensiva progettata per bloccare Spartaco e impedirgli ogni via di fuga. La fortificazione, estesa per quasi tre chilometri, era accompagnata da un ampio fossato militare e da una struttura a forma di L, efficace per la difesa. L’archeologo Paolo Visonà, a capo degli scavi, ha definito l’opera “estremamente ben progettata”.
Il tragico epilogo e l’eredità di Spartaco
Bloccato tra le montagne dell’Aspromonte e con la costa controllata dalle forze romane, Spartaco si trovò senza alternative. Dopo un tradimento nel tentativo di lasciare l’Italia, combatté la sua ultima battaglia in Lucania nel 71 a.C., trovando la morte dopo un’eroica carica diretta verso Crasso. Il suo corpo non fu mai ritrovato, ma la sua leggenda superò il tempo.
Dopo la vittoria, Crasso fece crocifiggere migliaia di prigionieri lungo la Via Appia, come macabro monito. Tuttavia, il sacrificio di Spartaco divenne un simbolo immortale di resistenza contro l’oppressione, ispirando movimenti libertari per secoli. La scoperta del muro offre nuove prospettive su quella sanguinosa pagina di storia, permettendo agli archeologi di ricostruire le dinamiche del conflitto con l’ausilio di tecnologie moderne come il radar a penetrazione del suolo.