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Dopo 4000 anni hanno scoperto le parole di un inno | Da Babilonia ai giorni nostri: lo studiavano a scuola

Babilonia

Antica Babilonia, ecco cosa è arrivato fino a noi (Freepik Foto) - www.buildingcue.it

Non tutto ciò che è scritto è destinato a essere letto subito.

Ci sono parole che attendono secoli prima di riemergere, frasi sepolte nel tempo che tornano a galla solo quando gli strumenti giusti — e le domande giuste — si allineano. La scrittura antica ha spesso bisogno di traduttori del tempo, capaci di leggere oltre il segno.

In alcuni casi, quei segni sono conservati su materiali fragili, dispersi, dimenticati. Oggetti che, pur ridotti a frammenti, racchiudono l’essenza di intere civiltà. Spesso è nei dettagli più minuti che si nasconde la chiave per ricostruire un mondo.

Il passato non è mai completamente muto. A volte parla in modo diretto, altre volte solo per allusioni. Ma anche ciò che sembrava irrimediabilmente perduto può tornare alla luce se si combinano intuizione umana, dedizione accademica e strumenti capaci di decifrare complessità che sfuggono all’occhio nudo.

Ed è proprio in uno di questi casi, dove lo studio paziente ha incontrato la potenza della tecnologia, che un testo antico ha ricominciato a raccontare la sua storia.

Un testo ricomposto dopo millenni

Un team internazionale di studiosi, guidati dal prof. Enrique Jiménez (Università Ludwig Maximilian di Monaco) e con la collaborazione dell’Università di Baghdad, è riuscito a ricostruire circa due terzi di un inno babilonese risalente a oltre 3000 anni fa, grazie all’intelligenza artificiale. Il testo era frammentato in circa 30 tavolette d’argilla sparse in musei e collezioni, molte delle quali usate come esercizi scolastici da giovani scribi (The Sun, 2024).

Utilizzando l’archivio digitale “Electronic Babylonian Library” e un sistema avanzato di riconoscimento linguistico, l’IA ha suggerito collegamenti tra testi simili, consentendo agli studiosi di accostare e ordinare i frammenti come un puzzle. Il risultato è un’opera di oltre 160 versi, ricca di immagini poetiche e riferimenti religiosi, mentre circa 100 versi rimangono perduti o illeggibili (The Times, 2024).

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Antica Babilonia, ecco cosa è arrivato fino a noi (Freepik Foto) – www.buildingcue.it

Un’opera sacra, civile e scolastica

L’inno, che celebra il dio Marduk e la città di Babilonia, unisce l’esaltazione religiosa alla descrizione concreta della città: i suoi campi irrigati dall’Eufrate, i suoi santuari, la bellezza naturale e l’ordine sociale. È una lode tanto spirituale quanto urbana. Babilonia vi appare come modello di giustizia, accoglienza verso stranieri e tutela dei più deboli (Daniele Mancini Archeologia, 2024).

Particolarmente significativi i riferimenti alle donne, e in particolare a tre ordini sacerdotali femminili (ugbakkātu, nadâtu, qašdātu), citati con toni di grande rispetto. Inoltre, la presenza diffusa del testo in tavolette scolastiche suggerisce che l’inno fosse parte del curriculum formativo dei futuri scribi: un esercizio di memoria, linguaggio e devozione.