Condizionatori in crescita, ma a che costo? Tra blackout, emissioni e povertà energetica

Illustrazione di un climatizzatore (Canva FOTO) - buildingcue.it
Aumentano i climatizzatori in casa, eppure l’impatto dell’aria condizionata sui consumi domestici globali è in crescita.
Il riscaldamento globale non è più una questione teorica: è una faccenda concreta che si sente sulla pelle. Le estati sono sempre più lunghe e afose, e molte famiglie ormai considerano l’aria condizionata non un lusso, ma una necessità. Solo che dietro quella brezza fresca si nasconde un conto salato, non solo sulla bolletta.
Un’indagine pubblicata nel Journal of Environmental Economics and Management, ha fatto luce su questo tema. Usando dati da 25 Paesi che insieme rappresentano oltre il 60% della popolazione e il 73% del consumo elettrico mondiale, i ricercatori hanno trovato che chi ha un condizionatore consuma in media il 36% di elettricità in più rispetto a chi non ce l’ha.
E le prospettive non migliorano: entro il 2050, i consumi globali per raffreddare le case potrebbero aumentare tra i 976 e i 1393 terawattora, facendo salire anche le emissioni di CO₂ tra 670 e 956 milioni di tonnellate. Il paradosso è evidente: si cerca sollievo dal caldo, ma si alimenta il riscaldamento stesso.
Dietro questi numeri si nasconde anche una questione sociale. In alcuni contesti, i costi dell’aria condizionata possono arrivare a pesare fino all’8% sul budget delle famiglie più vulnerabili. È così che nasce un termine sempre più attuale: “povertà da raffreddamento”, ovvero l’impossibilità di potersi permettere un ambiente fresco e vivibile in estate.
L’aria condizionata tra comfort e disparità
Negli ultimi anni, l’aria condizionata si è trasformata in uno strumento di sopravvivenza più che in un semplice comfort. Protegge dai picchi di calore, aiuta a lavorare meglio e riduce il rischio di problemi di salute durante le ondate estive. Ma come tutte le tecnologie, porta con sé conseguenze. La più evidente è il picco nei consumi energetici, ma ce ne sono altre più sottili.
Lo studio realizzato da De Cian, Falchetta, Pavanello, Romitti e Sue Wing ha ricostruito un quadro ampio grazie a un modello a due stadi che combina l’adozione e l’utilizzo dei condizionatori. Il punto è che non basta sapere se una famiglia possiede un condizionatore: bisogna anche capire quanto lo usa, e perché. Le risposte variano moltissimo in base al contesto. In alcuni Paesi è la temperatura il motore della scelta, in altri il reddito, l’istruzione o persino la qualità dell’abitazione.
Una situazione complessa
I risultati sono chiari. L’utilizzo del condizionatore fa aumentare i consumi elettrici del 36% in media, e nei periodi più caldi si arriva anche al 57%. La cosa interessante è che tra tutti gli elettrodomestici analizzati, l’aria condizionata è l’unico il cui utilizzo cresce al crescere della temperatura. Questo significa che le famiglie non solo ne hanno bisogno, ma lo usano proprio quando l’impatto climatico è più critico.
Le differenze sono marcate anche tra fasce di reddito: chi ha meno risorse finisce per spendere una quota molto più alta del proprio reddito solo per rinfrescare la casa: fino all’8%, rispetto allo 0,2%-2,5% delle famiglie più benestanti. Guardando al futuro, lo studio prevede che i consumi medi annui per famiglia saliranno da 1610 a oltre 2000 kWh entro il 2050, avvicinandosi ai livelli attuali delle famiglie americane. Nei Paesi in via di sviluppo, dove il tasso di adozione dei condizionatori sta esplodendo, ciò richiederà aumenti notevoli nella produzione di energia.