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Cassazione: le distanze vanno rispettate anche se la finestra è abusiva

Finestre

Cassazione, la distanza è obbligatoria, ecco perché (Freepik Foto) - www.buildingcue.it

Neppure una finestra aperta senza permesso può cancellare i diritti del vicino.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21644 del 2025, ha stabilito che la distanza minima di tre metri prevista dall’articolo 907 del Codice civile deve essere rispettata anche nel caso in cui l’apertura da cui si misura la veduta sia priva di titolo edilizio.

Il principio ribalta la decisione della Corte d’Appello, che aveva negato la tutela alla proprietaria di un immobile sostenendo che la finestra fosse “urbanisticamente irregolare”. Secondo la Cassazione, invece, il rispetto delle distanze è un obbligo che nasce direttamente dal diritto civile e non può essere condizionato dalla regolarità amministrativa dell’opera.

La vicenda ha riguardato una cittadina che aveva intimato al Comune di arretrare un edificio costruito a meno di tre metri dalla finestra della propria abitazione. L’amministrazione si era difesa sostenendo che l’apertura non fosse autorizzata e dunque irrilevante ai fini del calcolo delle distanze.

I giudici di legittimità hanno però chiarito che gli atti urbanistici regolano i rapporti tra privati e pubblica amministrazione, mentre le norme sulle distanze riguardano i rapporti tra privati confinanti. Due ambiti distinti, che non possono sovrapporsi: anche una finestra “abusiva”, se esiste, deve essere presa in considerazione nel rispetto delle vedute.

L’abuso edilizio non annulla il diritto di veduta

La Cassazione ha ribadito che l’irregolarità edilizia di un’opera non può cancellare i diritti derivanti dal possesso effettivo di una veduta. L’articolo 907 c.c. tutela infatti l’esigenza di luce, aria e privacy, elementi che non dipendono da un’autorizzazione ma da una condizione reale. Chi costruisce deve quindi rispettare la distanza minima anche se l’apertura del vicino è stata realizzata senza titolo.

Il giudice di terzo grado ha inoltre richiamato il principio dell’anteriorità della veduta: la distanza va misurata rispetto a finestre già esistenti al momento della nuova costruzione, a prescindere dal loro status urbanistico. È l’effettiva presenza della veduta – e non la sua regolarità formale – a determinare il diritto alla distanza.

Finestra sul mare
Cassazione, ecco la distanza obbligatoria tra finestre (Freepik Foto) – www.buildingcue.it

Diritto pubblico e diritto privato su piani separati

La pronuncia mette ordine in un tema spesso controverso, ribadendo che diritto pubblico e diritto privato non si sovrappongono. Se l’apertura è abusiva, il Comune potrà sanzionarla secondo le norme edilizie, ma ciò non toglie che il vicino debba rispettare i limiti imposti dal Codice civile. L’abuso, insomma, resta tale sul piano amministrativo, ma non può essere usato come scusa per costruire troppo vicino.

Per architetti, progettisti e uffici tecnici la decisione introduce un’importante cautela: prima di edificare o ampliare, occorre verificare la presenza di vedute anche non autorizzate. La violazione delle distanze, infatti, può generare contenziosi civili anche in presenza di un titolo edilizio regolare. Con questa sentenza la Cassazione riafferma un principio di equilibrio: la legge tutela la realtà dei fatti e non solo la regolarità formale. La finestra può essere “abusiva”, ma la sua presenza materiale produce effetti giuridici nei rapporti di vicinato. È una visione che privilegia la convivenza e la tutela reciproca, limitando la possibilità di abusi o interpretazioni strumentali delle norme. La decisione, segnalata da professioneArchitetto.it e destinata a orientare future controversie, conferma la linea rigorosa della giurisprudenza sulle distanze legali tra edifici. Chi costruisce dovrà tenerne conto, anche quando le aperture vicine non appaiono pienamente regolari.