Perché i miliardari della Silicon Valley stanno costruendo rifugi sotterranei segreti?
Dalle Hawaii alla Nuova Zelanda, cresce il fenomeno dell’“apocalypse prepping” tra gli ultra-ricchi, spinti dalla paura per l’intelligenza artificiale fuori controllo, i cambiamenti climatici e il collasso sociale. Ma siamo davvero vicini a uno scenario apocalittico, o si tratta solo di un mix di marketing, paranoia e status symbol?
Negli ultimi anni si è intensificato un fenomeno che fino a poco tempo fa sembrava relegato ai margini del pensiero catastrofista: la costruzione di rifugi apocalittici da parte dei miliardari tecnologici. Secondo quanto riportato dalla BBC, personaggi del calibro di Mark Zuckerberg, Sam Altman (CEO di OpenAI), Reid Hoffman (co-fondatore di LinkedIn), e altri nomi noti della Silicon Valley, stanno acquistando o costruendo composti fortificati, bunker sotterranei e proprietà remote per proteggersi da eventuali scenari catastrofici.
Alcuni miliardari sembrano davvero temere lo sviluppo incontrollato dell’intelligenza artificiale, conflitti nucleari, crisi climatica, pandemia o rivolte sociali. Non a caso, il termine “apocalypse insurance” (letteralmente “assicurazione contro l’apocalisse”) è stato coniato per descrivere la tendenza degli ultra-ricchi a ritirarsi in luoghi sicuri in caso di collasso globale.
Mark Zuckerberg è stato al centro delle cronache per la costruzione di un enorme complesso alle Hawaii, che, secondo voci, includerebbe un vasto rifugio sotterraneo (che lui stesso smentisce sia un vero e proprio bunker). Reid Hoffman ha ammesso apertamente di possedere una proprietà in Nuova Zelanda proprio per “prepararsi” a eventuali crisi.
Il cuore di questa corsa al rifugio sembra ruotare attorno a un concetto ancora nebuloso: l’AGI (Artificial General Intelligence), ovvero un’intelligenza artificiale pari o superiore a quella umana.
Secondo alcuni esperti, tra cui Ilya Sutskever, co-fondatore di OpenAI, l’arrivo dell’AGI sarebbe così potenzialmente pericoloso da giustificare la costruzione di bunker prima del suo rilascio. Ma la comunità scientifica non è affatto unanime su questo punto.
La professoressa Wendy Hall dell’Università di Southampton ha dichiarato alla BBC che “siamo ancora lontani decenni da un’intelligenza realmente simile a quella umana”, definendo le paure sull’AGI più hype che realtà.
Alcuni scienziati, come Neil Lawrence, criticano aspramente il concetto stesso di AGI, definendolo una illusione semantica. Secondo lui, immaginare una “intelligenza generale” è come ipotizzare un “veicolo generale” in grado di volare, galleggiare e guidare con la stessa efficienza, un concetto evidentemente irrealistico.
La vera minaccia, secondo molti ricercatori, non risiede in una superintelligenza autonoma che domina il mondo, ma in problemi molto più concreti e immediati: bias algoritmici, disinformazione, concentrazione del potere nelle mani delle big tech, perdita di posti di lavoro e automazione incontrollata.
Oltre all’aspetto pratico, il fenomeno dei bunker dei miliardari assume anche un valore simbolico e sociologico. Secondo diversi analisti, queste strutture non sono solo un modo per “prepararsi all’apocalisse”, ma rappresentano anche un nuovo status symbol: la possibilità di sfuggire a una crisi globale mentre il resto del mondo resta vulnerabile.
Il comportamento degli ultra-ricchi può essere interpretato anche come un segnale pubblico di potere e lungimiranza: costruire un bunker è come dire “io sono pronto, voi no”.
L’interesse crescente verso questi rifugi sta anche ridisegnando le sfide progettuali per architetti, ingegneri e urbanisti. I bunker moderni non sono più strutture spoglie e militari, ma costruzioni avanzate dotate di:
Le aziende specializzate nella costruzione di rifugi (come Rising S Company o Oppidum) registrano una domanda crescente per soluzioni residenziali blindate, non solo da parte di miliardari americani ma anche in Europa, Medio Oriente e Asia.
L’aumento delle costruzioni “doomsday-ready” pone anche interrogativi etici: è giusto che una piccola élite possa proteggersi da crisi globali mentre il resto dell’umanità è esposto ai rischi? E quanto è realmente sostenibile un sistema che investe milioni in rifugi personali invece di migliorare la resilienza collettiva, urbana e ambientale?
Che si tratti di reale preoccupazione o esibizionismo, il fenomeno dei rifugi apocalittici per miliardari è lo specchio di una società polarizzata, in cui la ricchezza estrema cerca di comprarsi la sicurezza, e dove le tecnologie che promettono di salvare il mondo sembrano anche generare nuove paure.
Dal punto di vista ingegneristico e architettonico, siamo davanti a una nuova sfida: progettare per l’incertezza assoluta, ma con comfort e lusso come requisiti fondamentali.
Per il resto del mondo, però, resta una domanda: se i creatori delle tecnologie che guidano il futuro stanno scavando rifugi nel terreno… cosa sanno che noi non sappiamo?