Boom di case vuote in Italia: oltre 9 milioni non occupate o usate a intermittenza

Boom di case vuote, ecco cosa succede (Freepik Foto) - www.buildingcue.it
In Italia il tema della casa è diventato sempre più centrale, con prezzi di vendita e affitto che in molte città continuano a crescere.
Tuttavia, dietro a questo andamento, emerge un dato sorprendente e in controtendenza: il nostro Paese è quello con il più alto numero di abitazioni vuote in Europa. A rivelarlo è uno studio della Fondazione Ifel – Istituto per la Finanza e l’Economia Locale dell’Anci, presentato alla conferenza “Città in scena” organizzata dall’Ance.
L’analisi mette a confronto la situazione italiana con quella di Francia e Germania, delineando un sistema abitativo caratterizzato da forti contraddizioni strutturali. Da un lato, l’Italia dispone di un vasto patrimonio immobiliare; dall’altro, ne fa un utilizzo inefficiente, con milioni di case non utilizzate, spesso lasciate in stato di abbandono o occupate solo saltuariamente.
Secondo i dati Ifel, elaborati su base Istat e Mef-Agenzia delle Entrate, il 55% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà, contro il 47% della Francia e il 41% della Germania. Ma la controparte di questo elevato tasso di proprietà è un mercato dell’affitto debole, che copre appena il 13% del totale delle abitazioni.
Nel complesso, il 27,3% delle abitazioni italiane non è occupato, un valore tre volte superiore a quello francese (7,8%) e sei volte maggiore rispetto alla Germania (4,4%). In termini assoluti, parliamo di circa 9,6 milioni di case vuote o utilizzate solo in modo intermittente. Di queste, circa 5,7 milioni risultano “a disposizione” delle famiglie, spesso come seconde case o immobili ereditati che restano fuori dal mercato.
Forti squilibri territoriali
Le differenze tra Nord e Sud sono profonde. Nelle regioni del Mezzogiorno la quota di alloggi non occupati supera il 40% a Reggio Calabria e il 39% a Messina, mentre nel Nord i valori scendono sotto il 15% in città come Milano e Bologna. Roma e Firenze si collocano su livelli intermedi, attorno al 12-14%. Al Sud, il fenomeno è spesso collegato allo spopolamento e alla debolezza del mercato immobiliare, aggravati dalla costante emigrazione giovanile.
Sul fronte dell’edilizia sociale, la situazione italiana mostra ulteriori limiti. In Francia gli alloggi pubblici o convenzionati coprono l’11,7% dello stock abitativo, mentre in Germania la quota è del 2,5%, ma su un mercato d’affitto più dinamico. In Italia, invece, l’edilizia residenziale pubblica rappresenta solo il 2,6% dello stock complessivo e meno del 20% del mercato delle locazioni. Il rapporto Ifel ha censito 781.000 alloggi pubblici, di cui 334.000 concentrati nelle 14 città metropolitane. Roma e Milano ne detengono oltre 130.000, seguite da Napoli, Torino e Palermo. Tuttavia, il tasso di ricambio è bassissimo: solo 16.000 assegnazioni all’anno, pari a poco più del 2% dello stock disponibile, segno di un sistema rigido e poco efficiente.
Le prospettive e il paradosso strutturale
Le previsioni demografiche indicano che entro il 2050 la popolazione italiana diminuirà del 6,7%, con un calo del 14,6% nel Mezzogiorno e nelle Isole. Nello stesso periodo, le famiglie unipersonali aumenteranno dell’8%, mentre le coppie con figli diminuiranno del 19%. Questi cambiamenti orienteranno la domanda verso abitazioni più piccole e in affitto, ma l’offerta attuale è rigida e poco adattabile. Il presidente di Ifel, Alessandro Canelli, ha definito la condizione italiana un “paradosso strutturale”: il Paese dispone di un’offerta teoricamente ampia, ma in gran parte immobilizzata. A pesare sono squilibri territoriali, inefficienze amministrative, un mercato poco flessibile e una quota elevata di seconde case inutilizzate.
La sfida, secondo lo studio, sarà reimmettere nel mercato parte del patrimonio esistente, attraverso politiche fiscali mirate e incentivi che favoriscano l’uso continuativo o la locazione degli immobili. Solo in questo modo sarà possibile ridurre lo spreco abitativo e rispondere alla nuova domanda residenziale, più mobile e orientata all’affitto. In conclusione, l’Italia si trova davanti a una contraddizione evidente: molte case ma poca disponibilità reale di abitazioni, con una distribuzione disomogenea che amplifica le disuguaglianze territoriali e sociali. Senza un intervento strutturale, il rischio è quello di un patrimonio immobiliare sempre più fermo e di un accesso alla casa sempre più difficile.