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Semafori, fino ad ora i colori erano sempre sbagliati | Non si passa più col verde: non farti beccare, hanno cambiato colore

Semaforo

Semaforo, ecco come funziona altrove (Freepik Foto) - www.buildingcue.it

Da quando esistono i semafori, siamo abituati a considerarli un linguaggio universale.

Questo linguaggio universale è chiaro: rosso significa stop, giallo invita a prestare attenzione e verde permette di andare. È un codice cromatico che attraversa continenti, culture e lingue senza apparenti contraddizioni.

Eppure, dietro questa apparente semplicità, si nasconde una curiosità culturale che sorprende chi pensa che i colori abbiano lo stesso valore ovunque. Non sempre le sfumature sono percepite nello stesso modo, e in certi Paesi questa differenza si riflette persino nel traffico.

Il legame tra colore e linguaggio è infatti più profondo di quanto sembri. Ciò che noi classifichiamo rigidamente come “verde”, altrove potrebbe essere letto in una chiave diversa, che non corrisponde esattamente alla nostra categorizzazione occidentale.

Ed è proprio osservando i semafori di un Paese lontano che ci si accorge di come un dettaglio linguistico possa trasformare un intero sistema di segnaletica, mantenendo però la stessa funzionalità pratica.

Una sfumatura di colore inaspettata

Secondo quanto riportato da NonSoloFesta.it, in Giappone la luce che da noi chiamiamo “verde” viene in realtà descritta con il termine ao (青), che tradizionalmente significa “blu”. Per rispettare questa convenzione linguistica, i semafori giapponesi sono stati realizzati con un verde tendente all’azzurro, così che la definizione di “blu” non risultasse in contraddizione con ciò che gli automobilisti vedono.

Non si tratta di un errore o di una stranezza tecnica: è un compromesso culturale, capace di adattare un segnale universale a un modo di pensare profondamente radicato nella lingua e nella tradizione giapponese.

Semaforo
Semaforo, come funziona in giro per il mondo (Freepik Foto) – www.buildingcue.it

Il codice dei colori in Giappone

Il termine ao non si limita a indicare ciò che per noi è blu: in Giappone, storicamente, includeva anche molte tonalità di verde. Lo stesso articolo di NonSoloFesta.it ricorda come per secoli frutti acerbi, foglie e persino certi abiti venissero descritti come “ao”. Solo in epoca moderna si è diffuso l’uso di midori per distinguere meglio il verde, ma il linguaggio dei semafori è rimasto fedele alla sua radice originaria.

Così, mentre un viaggiatore occidentale può rimanere spiazzato davanti a un verde con riflessi blu, per un giapponese non esiste alcuna incongruenza: la lingua ha semplicemente modellato la percezione del colore, rendendo naturale ciò che per altri appare insolito. Questa particolarità mostra come i codici visivi non siano mai del tutto universali, ma dipendano dalle strutture linguistiche e culturali di ciascun popolo. In Giappone, il confine tra “verde” e “blu” non è rigido come nelle lingue occidentali: esiste una zona intermedia, accolta senza difficoltà nella categoria di “ao”. Il semaforo giapponese diventa quindi più di un semplice strumento di sicurezza stradale: è un simbolo vivo di come il linguaggio influenzi la percezione del mondo. Una piccola luce, capace di raccontare la storia di un’intera cultura attraverso una sfumatura di colore.