ADDIO Assegno di Inclusione | Te lo tolgono all’istante e la colpa è tutta dei tuoi figli
Purtroppo la decisione è stata presa e non si potrà fare altrimenti. Così dice la legge, è colpa dei figli!
L’Assegno di Inclusione è una misura introdotta in Italia per sostenere economicamente le famiglie in difficoltà, in particolare quelle con minori, disabili o over 60. Ha preso il posto del Reddito di Cittadinanza a partire dal 2024, con criteri più selettivi e un maggiore focus sull’inclusione sociale.
Non si tratta solo di un aiuto economico mensile, ma di un vero e proprio percorso di attivazione: chi lo riceve deve partecipare a progetti di formazione, orientamento o lavori utili alla comunità, salvo esenzioni specifiche. L’obiettivo è superare l’assistenzialismo e favorire il reinserimento.
Per accedere al beneficio, bisogna rispettare una serie di requisiti economici e patrimoniali, tra cui un ISEE inferiore a 9.360 euro. La domanda si presenta online o tramite patronato, e il beneficio viene erogato attraverso una card elettronica.
L’Assegno di Inclusione ha suscitato dibattiti: c’è chi lo vede come un passo avanti nella lotta alla povertà, e chi teme che possa escludere chi non rientra nei criteri, pur essendo in difficoltà. Resta però un tassello importante nelle politiche sociali italiane più recenti.
Oltre il semplice aiuto economico
Quando si sente parlare di “assegno”, viene naturale pensare a un contributo mensile, magari legato a una pensione o a un sostegno temporaneo. Ma l’Assegno di Inclusione, entrato in vigore in Italia nel 2024, ha un’impostazione un po’ diversa. Non si rivolge a chiunque si trovi in difficoltà, ma a una categoria ben precisa di famiglie: quelle con minori, disabili, persone fragili o over 60.
In effetti, quello che distingue l’Assegno di Inclusione da misure precedenti è il suo approccio più “attivo”. Non si limita a versare una somma mensile e basta: chi lo riceve, salvo casi particolari, deve prendere parte a un percorso di inclusione sociale e lavorativa. Si parla di piani personalizzati, di colloqui con i servizi sociali, di formazione professionale e perfino di impegno in attività per la comunità.
C’è un piccolo problema…
Ed è proprio qui che spunta un elemento poco noto ma decisivo. Come riportato da Brocardi, dal 13 maggio 2025 è entrata in vigore una nuova condizione, spesso ignorata o sottovalutata. Se in famiglia ci sono figli minorenni, la loro presenza a scuola diventa obbligatoria ai fini del beneficio. Non basta più dire “sì, frequentano” sulla carta: la frequenza scolastica va dimostrata, mese per mese.
Gli operatori sociali controllano i registri scolastici direttamente tramite la piattaforma GePI, e nel caso in cui risultino assenze ingiustificate, parte un campanello d’allarme. A quel punto, i genitori hanno solo sette giorni per sistemare la situazione. Se il minore non rientra a scuola in tempi brevi, il pagamento dell’assegno viene sospeso già dal mese successivo.